martedì 21 febbraio 2017

RICERCA HAMZA SARA SARA DAVIDE FRIULI VENEZIA GIULIA VENETO



VENETO



LE VILLE PATRIZIE
  
La struttura tipo della villa veneta si distingue innanzitutto per il contesto nel quale le architetture si pongono: di norma e in accordo alla sua funzione, la villa veniva inserita in una grande proprietà agricola. Al centro del complesso architettonico si situa il corpo centrale (o casa dominicale), che era la residenza dei proprietari, più elaborata e ornata in quanto luogo di rappresentanza, nonché di villeggiatura estiva; quasi tutte le ville erano prive di sistemi di riscaldamento invernale e di cucina. Il modello prevedeva che nelle vicinanze o collegata alla villa vi fossero delle dipendenze dette barchesse, dove veniva organizzato il lavoro: cucine, abitazioni dei contadini, stalle e altri annessi rustici.



LAGO DI GARDA

Il Lago di Garda, o Benaco, è il più grande dei laghi italiani. A sud si trova circondato dalle colline moreniche lasciate dal ritiro dei ghiacci e, nella parte a nord più alta e stretta, avvolto dalle alte catene montuose che gli conferiscono la forma e l’andamento di un fiordo e lo proteggono rendendo il suo clima particolarmente mite di tipo mediterraneo. La luminosità dell’ambiente, la dolcezza del clima, una ricca vegetazione, costituita prevalentemente da olivi, palme, cipressi, limoni, oleandri e aranci, unitamente alla grandiosità dei paesaggi, che fanno da sfondo alle interessanti testimonianze storiche e culturali disseminate sul suo territorio, lo rendono sicuramente il più attraente dei laghi italiani. L‘intensa colorazione dell’acqua, con una marcata tonalità blu ed una trasparenza difficilmente riscontrabili, fanno del Lago di Garda una destinazione unica capace di ospitare visitatori e amanti della vacanza all’insegna del relax, dello sport, del divertimento e del gusto della scoperta dei luoghi.




IL PALAZZO DUCALE

Il Palazzo Ducale, anticamente anche Palazzo Dogale in quanto sede del doge, uno dei simboli della città di Venezia e capolavoro del gotico veneziano, è un edificio che sorge nell'area monumentale di piazza San Marco, nel sestiere di San Marco, tra l'omonima piazzetta e il molo di Palazzo Ducale, contiguamente alla basilica di San Marco.Contraddistinto da uno stile che, traendo spunto dall'architettura bizantina e da quella orientale, ben esemplifica di che intensità fossero i rapporti commerciali e culturali tra la Serenissima e gli altri stati europei, la sua bellezza si basa su un astuto paradosso estetico e fisico, connesso al fatto che la pesante mole del corpo principale è sorretta da quelli che sembrano esili colonnati intarsiati. Gli interni, oggi parzialmente privati delle opere che un tempo li decoravano, conservano ancora un'ampia pinacoteca, che comprende opere realizzate dai più famosi maestri veneziani, tra i quali Jacopo e Domenico Tintoretto, Tiziano Vecellio, Francesco Bassano, Paolo Veronese, Giambattista Zelotti, Jacopo Palma il Giovane, Andrea Vicentino e Antonio Vassilacchi. Antica sede del doge e delle magistrature veneziane, fondato dopo l'812, più volte colpito da incendi e di conseguenza ricostruito, ha seguito la storia della Serenissima, dagli albori sino alla caduta: annessa Venezia al regno d'Italia e passato l'edificio sotto la giurisdizione di quest'ultimo, divenne sede museale. Oggi ospita la sede del Museo civico di Palazzo Ducale, parte della Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE), nel 2012 visitato da 1319527 persone.



LA CASA DI GIULIETTA

La casa di Giulietta è un palazzo medievale di Verona, situato in via Cappello, a poca distanza dalla centrale piazza delle Erbe. La tragedia di Romeo e Giulietta ha trovato a Verona dei riscontri e la fantasia ha mescolato leggenda e realtà, tanto che sono stati riconosciuti vari luoghi in cui si sarebbe svolta la vicenda narrata da Shakespeare.Sono esistite effettivamente due famiglie di nome Montecchi e Capuleti (il nome esatto è però Cappelletti): dei Cappelletti si ha conoscenza della loro presenza fino agli anni della permanenza di Dante a Verona, nella casa di Giulietta, situata in prossimità di piazza Erbe, dove la loro presenza è testimoniata dallo stemma del cappello sulla chiave di volta dell'arco di entrata al cortile della casa.I Montecchi, importanti mercanti ghibellini veronesi, furono veramente coinvolti in lotte sanguinose per il controllo del potere a Verona, in particolare con la famiglia guelfa dei Sambonifacio, ma non si hanno notizie di rivalità con i Cappelletti.I Montecchi e i Cappelletti vengono citati anche da Dante nella Divina Commedia (Purgatorio, VI v. 105-107).La casa di Giulietta divenne nel XIV secolo un hospitium a Capello, e la nuova famiglia Capello che vi risiedeva (e che prese probabilmente il nome dal luogo in cui abitavano) risulta aver esercitato il mestiere divspeciari (cioè farmacisti) ancora alla fine del XV secolo.Dal XVII al XIX secolo divenne uno stallo con albergo (di pessima qualità, vista la citazione che pare ne abbia fatto Dickens). Solo la torre d'ingresso risale al XIII secolo, anche se ha subito innumerevoli trasformazioni, compresi gli altri edifici che si affacciano sul coti                                                                                                             
IL FOLCLORE DEL VENETO
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Le tradizioni del Veneto sono tutte lontane nel tempo come origine, eppure parte straordinaria di un presente vivo. Non esiste una zona del territorio in cui il folclore conti meno: a partire dal dialetto, ogni Esse possono allacciarsi a motivi magici e a superstizioni, oppure far rivivere attraverso rappresentazioni sacre, gare, giochi e processioni la storia della città o anche del singolo paese. Una delle manifestazioni più rappresentative è sicuramente il Carnevale, che a Venezia, Verona e Belluno assume connotazioni differenti nelle maschere, nei giorni e nell'attrazione centrale della festa: in provincia di Belluno ad esempio si elegge la Zingheneta (la ragazza più bella del paese, vestita con abiti gitani assai colorati), a Verona il 'Papà dello Gnocco', a Sappada ci sono tre domeniche di festeggiamenti, una dedicata ai poveri, un'altra ai contadini e l'ultima ai signori. Particolarmente suggestiva è poi la Regata storica di Venezia che si svolge la prima domenica di settembre nelle acque del Canal Grande con imbarcazioni che riproducono quelle tipiche cinquecentesche.angolo del Veneto ha le sue usanze secolari da cui la rispettiva comunità si sente rappresentata.  Ma tanti sono i modi di vivere il folclore veneto, anche senza il calendario alla mano: ci sono infatti le numerosissime sagre contadine coi prodotti tipici delle zone e delle stagioni (quella degli asparagi di Bassano del Grappa, del radicchio rosso di Treviso, del Prosecco di Valdobbiadene, delle ciliegie di Marostica o dei fischietti in terracotta detti cucchi di S. Gottardo ad Asolo), le usanze quotidiane da osteria e le altre costumanze più nascoste ma ugualmente di notevole fascino come la Grande Rogazione di Asiago - una processione di 30 km in uno scenario di incredibile bellezza.      
IL CARNEVALE DI VENEZIA
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Il Carnevale di Venezia, se non il più grandioso, è sicuramente il più conosciuto per il fascino che esercita e il mistero che continua a possedere anche adesso che sono trascorsi 900 anni dal primo documento che fa riferimento a questa famosissima festa. ll primo documento ufficiale che dichiara il Carnevale di Venezia una festa pubblica è un editto del 1296, quando il Senato della Repubblica dichiarò festivo il giorno precedente la Quaresima. Durante il Carnevale le attività e gli affari dei veneziani passavano in secondo piano, ed essi concedevano molto del loro tempo a festeggiamenti, burle, divertimenti e spettacoli che venivano allestiti in tutta la città, soprattutto in Piazza San Marco e in tutti i maggiori campi di Venezia. Il 26 giugno 2009 il Comitato Esecutivo della Convenzione sul patrimonio materiale dell'umanità dell'UNESCO, riunita a Siviglia, ha dichiarato le Dolomiti Patrimonio dell'umanità.                                                                                                                           
CASTAGNOLE  ALLA  VENEZIANA
Sono un dolce diffuso un po' in tutta Italia durante il periodo di Carnevale, e non solo. In alcune regioni, infatti, già nel periodo di Natale cominciano ad essere preparate e gustate. Come si fa, infatti, a resistere alla tentazione di assaporarle in tutti i periodi dell’anno ? Croccanti fuori, morbide dentro, ecco la ricetta tipica veneziana.

Ingredienti:

    300 gr farina 00
    40 gr di fecola
    70 gr di zucchero
    1/2 bustina di lievito
    un pizzico di sale
    2 uova
    90 gr di burro
    20 ml di grappa
    zucchero a velo

Preparazione:

Mescolate farina, fecola, zucchero, lievito e sale, poi amalgamate il tutto con uova, burro precedentemente fuso a bagno maria e grappa. Lavorate per bene il composto, fintanto che otterrete un impasto omogeneo e ben amalgamto.

Dividete l'impasto in più parti e poi tagliate dei pezzetti di grandezza simile ad una noce, facendone delle palline. Quando avrete esaurito la pasta, copritele con un panno e lasciate riposare per 1 ora circa. Scaldate poi l'olio: quando sarà bollente friggete le vostre castagnole, togliendole dall'olio quando avranno assunto un colorito dorato. Ponetele poi in carta assorbente per asciugarle dell'olio. Servite una volta fredde, dopo averle cosparse di zucchero semolato o a velo.

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FRIULI VENEZIA GIULIA
LE DOLOMITI



La “scoperta” delle Dolomiti avviene nel 1789 quando lo scienziato francese Déodat de Dolomieu durante uno dei suoi viaggi nel Tirolo, trovò una particolare pietra, che fatta analizzare in laboratorio, risultò essere un nuovo tipo di minerale, a cui alcuni anni dopo, in onore del suo scopritore, venne dato il nome di Dolomite.Fin da subito si capì l’importanza geologica e morfologia di queste montagne che divennero presto meta di scienziati e studiosi della terra che qui potevano osservare, e possono farlo tutt’ora,fenomeni geologici unici al mondo. È qui infatti che essi trovano importanti testimonianze sui periodi evolutivi della storia della terra, in particolare l’intervallo tra il Permiano Superiore e il Triassico (tra 270 e 200 milioni di anni fa). È qui che si possono ammirare le scogliere fossili e gli ambienti tropicali del Mesozoico, la rinascita della vita dopo la grande estinzione avvenuta circa 251 milioni di anni fa, e la forte attività vulcanica. È qui che si può camminare, senza rendersene conto, su di un’antica isola o su di una laguna, oppure scendere lungo un dirupo, un tempo sommerso dal mare più profondo.Per quanto riguardala vegetazione fino a 1800 metri è formata principalmente da boschi di conifere, mentre nelle alte quote da boschi di larice,cirmolo e cespuglietti di mughi. Al di sotto dei 1200-1000 metri troviamo boschi di latifoglie. Nelle Dolomiti è presente anche il ginepro. Invece nella fauna ci sono mammiferi, roditori, uccelli, anfibi e alcuni rettili velenosi



LA SORGENTE DEL GORGAZZO

La sorgente del Gorgazzo (conosciuta anche con il nome dialettale di "Al bus") è una grotta subacquea dove ha origine l'omonimo torrente, affluente del fiume Livenza. La sorgente valchiusana è situata nei pressi di Polcenigo (Pordenone).
Il nome deriva dal friulano gorc che significa appunto abisso. La grotta è costituita da una risorgiva, una delle più profonde mai esplorate al mondo e la seconda sorgente carsica a sifone più profonda in Europa dopo la Fonte di Valchiusa in Provenza. Nel 2008 lo speleonauta Luigi Casati raggiunse la profondità di -212 metri, limite finora imbattuto a causa della pericolosità e delle forti correnti interne. Al 2016 il Gorgazzo è la sorgente italiana esplorata più in profondità.
Nei pressi dell'imboccatura della cavità, a 9 metri di profondità, è stata posta la statua di un Cristo, che grazie alla eccezionale limpidezza delle acque e del fondo è perfettamente visibilie all'esterno dalla riva nelle giornate soleggiate.



IL CASTELLO DEL GORGAZZO

Il castello è affacciato sul golfo di Trieste, è situato a pochi chilometri a nord del capoluogo (circa 6 km dalla Stazione Centrale).Miramare è la forma italianizzata dell'originale Miramar, derivante dallo spagnolo "mirar el mar", in quanto Massimiliano d'Asburgo nel visitare il promontorio che lo ospita, fu ispirato dal ricordo di castelli spagnoli affacciati sulle coste dell'oceano Atlantico.Il castello è circondato da un grande parco di circa 22 ettari caratterizzato da una grande varietà di piante, molte delle quali scelte dallo stesso arciduca durante i suoi viaggi attorno al mondo, che compì come ammiraglio della marina militare austriaca.Nel parco si trova anche il castelletto, un edificio di dimensioni minori che funse da residenza per i due sposi durante la costruzione del castello stesso ma che divenne di fatto una prigione per Carlotta, quando perse la ragione dopo l'uccisione del marito in Messico. Il castello di Miramare "presenta ancora gli arredi originali d'epoca, testimonianza della storia dei nobili proprietari, l'arciduca e la moglie Carlotta di Sassonia, figlia del re del Belgio, e del loro triste destino che non gli permise di godere della splendida dimora".All'interno, il castello è suddiviso in numerose stanze. Il piano terra era destinato a residenza dell'Imperatore Massimiliano I e della consorte Carlotta, mentre quello superiore venne in periodo successivo adibito a residenza del Duca Amedeo d'Aosta, che vi abitò per circa sette anni e modificò alcune stanze secondo lo stile dell'epoca. Furono rimosse le insegne Imperial-Regie e sostituite con croci sabaude.Questo castello è risultato funesto per chi lo ha abitato: Massimiliano d'Asburgo partì per cingere la corona imperiale del Messico e vi morì, Amedeo partì per l'Impero d'Etiopia e morì in prigionia.



IL PAESAGGIO DEL CARSO

Il termine carsico deriva dal nome di una regione, il Carso, al confine tra l’Italia e la Slovenia, caratterizzata proprio da questo tipo di paesaggio. Gli ambienti carsici si sviluppano in terreni costituiti da rocce calcaree molto solubili come i calcari e le dolomie, e le rocce evaporitiche. I carbonati e le evaporiti sono rocce costituite da minerali molto solubili in acqua, che per questo motivo vengono facilmente modellate dall’acqua delle precipitazioni. Anche le gocce di pioggia riescono a sciogliere la roccia su cui cadono e scavano dei solchi, talvolta molto profondi. L’erosione delle rocce calcaree in un territorio carsico viene chiamata corrosione.
Il suolo
Il colore rosso scuro dei terreni carsici è dovuto agli ossidi. Quando i minerali solubili vengono disciolti dall’acqua rimangono sul posto dei depositi residuali.
Forme superficiali
I fenomeni più vistosi in superficie sono le doline: depressioni a forma di imbuto profonde da 1 a 30 metri e larghe fino a centinaia di metri. Il paesaggio carsico che osserviamo è un territorio privo di un reticolo idrografico stabile dove sono praticamente assenti torrenti e fiumi. L’acqua dissolvendo la roccia carbonatica, scava delle vie verso il sottosuolo dove crea forme sotterranee tipiche.
Forme sotterranee
Negli estesi paesaggi carsici non ci sono fiumi o torrenti che scorrono in superficie; i corsi d’acqua sono inghiottiti in profondità e, dopo un certo percorso nel sottosuolo, riaffiorano in superficie ad una certa distanza. Le pareti delle gallerie delle grotte che non sono più percorse da torrenti, sono ricche di sporgenze e incrostazioni. Le più conosciute sono le stalattiti che pendono dalla volta del soffitto e le stalagmiti che si innalzano dal pavimento della galleria stessa. Le due sporgenze, col tempo, possono congiungersi e formare delle colonne
USI E COSTUMI FRIULI VENEZIA GIULIA
Risultati immagini per usi e costumi del friuli venezia giulia

Le feste, ancora straordinariamente vive, testimoniano il mosaico culturale della regione, con caratteristiche diverse tra Friuli e Venezia Giulia. Tipici della Carnia e del Pontebbano sono lis cidulis, rotelle di abete o di faggio forate nel centro, messe nel fuoco e poi fatte ruzzolare giù da un'altura in occasione del Capodanno o di altre feste d'inizio d'anno o di stagione.
L'usanza proviene dai Paesi tedeschi dove è largamente diffusa, al pari della Svizzera, della Francia e dell'Inghilterra. Essa ha evidente scopo propiziatorio di fertilità e di abbondanza. Come dovunque in Italia, anche nel Friuli Venezia Giulia sono molto sentite le feste religiose che conservano, accanto alle manifestazioni liturgiche, celebrazioni di origine pagana. Grandi falò, anch'essi propiziatori, infiammano per l'Epifania tutto l'arco delle montagne. Suggestivo e di origine antica è il cosiddetto Pignarûl Grant (grande falò), che viene acceso ogni anno, il 6 gennaio, a Tarcento (UD). A Gemona del Friuli l'Epifania viene invece celebrata con la Messa del Tallero, mentre a Cividale ha luogo la famosa Messa dello Spadone secondo un rituale che risale al sec. XIV: sull'esempio degli imperatori franchi e tedeschi, un diacono col capo coperto da un elmo benedice i fedeli con uno spadone. Finalità apotropaiche hanno anche in molte località di tutto il territorio le feste di Carnevale, di cui l'elemento più significativo è rappresentato dalle maschere lignee (opera di maestri artigiani), caratterizzate da espressioni grottesche o diaboliche. La tradizione dei falò si ritrova anche in molte usanze quaresimali, come avviene a Pordenone, in occasione del famoso rogo della Vecchia. Danze e canti sono diffusi sia nell'area friulana sia in quella della Venezia Giulia. In quest'ultima la presenza del mare ha influenzato racconti, leggende, credenze e costumi, che in molti casi però sono ormai andati completamente persi. Fa eccezione il Perdon di Barbana, festa religiosa del periodo estivo che si svolge nella laguna dell'antica cittadina costiera di Grado. La tradizione in Friuli è legata anche all'uso del dialetto, lingua romanza che viene parlata – con notevoli differenze fonetiche e idiomatiche – nella Carnia, a Udine e circondario, e nel Goriziano; a Trieste predomina invece il veneto, che pure è usato sia nella fascia lagunare sia in tutto il Pordenonese. Raro ormai è vedere i friulani indossare i vestiti della tradizione (succede solo in occasioni particolari o per le manifestazioni), che però si possono vedere al Museo delle Arti popolari di Tolmezzo assieme a una serie di oggetti della cultura materiale (ferri battuti; rami lavorati a sbalzo; legni scolpiti, intagliati e intarsiati; tessuti e ricami fatti a mano; ceramiche).
Radici antiche ha infatti la tradizione artigianale che in alcuni settori si è sviluppata a livello industriale, come nel caso della produzione di sedie e di forbici e coltelli, che traggono la loro origine rispettivamente dalla lavorazione del legno e del ferro. Queste costituiscono ancora le voci principali dell'artigianato odierno, affiancate dall'arte della lavorazione a sbalzo del rame e dalla confezione delle tipiche pantofole in feltro. Dal 1922 è attiva a Spilimbergo la Scuola Mosaicisti del Friuli che ha ridato vita all'arte del mosaico presente in questa regione fin dal tempo dei Romani, come testimonia la ricchezza dei pavimenti musivi che ancora si possono ammirare ad Aquileia. Per quel che riguarda i sapori della tavola, la tradizionale ripartizione Friuli e Venezia Giulia non è sufficiente a documentare le tante cucine regionali. Esiste quella della Carnia, i cui ingredienti sono tipici della montagna e che è famosa per i cjarzon (ravioli ripieni di ricotta e spezie) e il frico (formaggio montasio sciolto con ingredienti come patate, cipolle o farina di mais). Esiste la cucina genericamente friulana, che ha i punti forti nei prosciutti (quello di San Daniele è dolce, quello di Sauris è affumicato), nel muset (cotechino), nella brovada (rape inacidite nelle vinacce) e nella pitina (insaccato un tempo a base di selvaggina e oggi di pecora e maiale). Esiste la cucina triestina, che fonde al substrato veneto spunti sia austriaci sia slavi: iota (minestra di crauti e patate), porcina (maiale bollito e insaporito con il cren), gulasch (stufato ungherese), cevapcici (polpettine di carne con cipolla di ascendenza slava). E c'è quella goriziana, fortemente mitteleuropea: gnocchi di patate ripieni di susine, kaiserfleisch (carré di maiale affumicato coperto di cren e crauti), kipfel (mezzelune di patate fritte). La stessa varietà di gusti si ritrova nella pasticceria, che spazia dalla gubana tipica di Cividale al presnitz e alla putizza giuliana, agli strudel e ai dolci a base di ricotta della Carnia.Frutto dei contatti con il mondo slavo è l'eccezionale tradizione regionale delle grappe, insignite in alcuni casi del riconoscimento DOCG; le si ottengono anche dalla frutta (celebri il nocino goriziano e lo slivoviz, distillato dalle prugne e originario della Croazia). I vitigni dai quali si distilla parte di tali liquori contendono la fama a quelli che danno i celeberrimi vini del Collio sia bianchi (tocai, sauvignon, pinot grigio, picolit) sia rossi (cabernet, pinot nero, merlot, refosco); altrettanto importanti da questo punto di vista sono la zona fra il Tagliamento e l'Isonzo, la fascia litoranea e il Carso. Fra i prodotti che vantano il marchio DOP, oltre al prosciutto crudo di San Daniele, si ricorda il formaggio Montasio.
LA  GUBANA
PER LA PASTA:

• 220 g di farina
• 60 g di burro
• 50 g di zucchero
• 20 g di miele
• 1 uovo + 30 g di tuorlo d’uovo
• 40 g di latte
• 10 g di lievito di birra
• 2 g di sale.PER IL RIPIENO:

• 140 g di gherigli di noce
• 60 g di zucchero
• 60 g di uvetta
• 40 g di amaretti
• 30 g di biscotti secchi
• 30 g di pinoli
• 20 g di burro
• 1/2 limone
• rum
• grappa di prugne
• vanillina cannella (se piace)
• 20 g di cedro candito (facoltativo)
• sale
• 1 albume per spennellare

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Peso e preparo tutti gli ingredienti

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Taglio e unisco gli ingredienti per il ripieno



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Inizio a preparare la pasta

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Ecco a voi la pasta!!! Adesso deve lievitare
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Questa è la pasta con il ripieno a forma di spirale da mettere in forno
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 Ecco a voi "Gubana" di Davide







      
      


       















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